Corrado ti aspetteresti di vederlo con un sigaro cubano sempre in bocca, è soprannominato ron currau, ed è un "visionario innamorato della sua terra".

Intervista per
Duri&Puri
D. Da dove parte l’idea di riproporre la piantumazione della canna da zucchero e la produzione di Avola Rum?
R.
È stata la lettura del libro “La Città esagonale “della Professoressa Francesca Ghingheri Pantano a
rivelarmi oltre 20 anni fa questa storia dimenticata della produzione dello zucchero e del rum ad Avola.
Una storia iniziata in tutta la Sicilia con gli arabi nell’800 d.C. e proseguita fino al 1600 quando, sembra per ragioni climatiche, la coltivazione della canna da zucchero scomparve dal resto dell’isola.
Ma i proprietari del feudo di Avola, i Marchesi Pignatelli Aragona Cortes, decisero di continuare a produrre zucchero e, a partire dal 1700, anche il rum, fermentando e distillando il puro succo di canna.
Altrettanto preziose sono state le informazioni presenti nella “Monografia Agraria del Territorio
d’Avola in Sicilia” del botanico Giuseppe Bianca, che nel 1878 descriveva la coltivazione della
canna da zucchero che, scriveva Bianca, “trasformasi nella più bella qualità di Rum”.
Questa storia è “fermentata” in me per anni, fino a quando mi son detto “E’ arrivato il momento di recuperare concretamente questa parte della storia siciliana e soprattutto avolese”.
Da lì la decisione di riprendere la coltivazione della canna da zucchero come primo passo per arrivare alla produzione del rum.
D. Come è iniziata la produzione? Quante piante sono state coltivate negli ultimi due anni?
R.
Ho iniziato ad aprile 2018, piantando 5 canne. Dopo un anno le canne erano più di 100 e ho, quindi, creato il primo vivaio. Da lì sono state ricavate le canne piantumate tra marzo 2020 e marzo 2021 in due ampi appezzamenti di terreno, da cui abbiamo già raccolto oltre 10 tonnellate di canna da zucchero.
L’obiettivo è di giungere nel tempo a diversi ettari.
D. E la produzione di rum quando è iniziata?
R
In questi due anni ho effettuato diverse prove di distillazione, in collaborazione con una nota azienda artigianale siciliana, la Giovi di Valdina. I risultati sono stati eccellenti e mi hanno incoraggiato a iniziare la produzione del rum.
A marzo dello scorso anno ho, quindi, raccolto le prime 2 tonnellate di canna e realizzato la prima produzione numerata, complessivamente 300 bottiglie da 50 e 20 cl, esauritasi in pochi giorni.
A luglio, con altre 7 tonnellate di canna da zucchero, sono stati distillati 300 litri di rum a 80° che, miscelati a 52°, hanno prodotto poco più di 1.000 bottiglie da 50 e 20 cl, entrambe in edizione numerata.
D. Quali difficoltà ha dovuto superare?
R.
Come per tutti i pionieri, quando ho iniziato le incognite erano più delle certezze. Sapevo solo che la canna da zucchero era stata coltivata per secoli ad Avola. Tutto il resto (coltivazione, raccolta, spremitura, fermentazione, distillazione) era da sperimentare.
Ogni fase è stata, quindi, una continua ricerca delle soluzioni più adatte a problemi per me del tutto nuovi.
Ad esempio, per spremere la canna, ho dovuto comprare il mulino in Cina, non esistendo in Italia aziende che lo producessero. La corretta fermentazione del succo di canna, del tutto sconosciuta dagli enologi siciliani, è stata risolta grazie a numerose prove. Lo stesso dicasi per la coltivazione. La canna è, infatti, una pianta che ha bisogno di molta cura. È fondamentale la fase d’impianto, a partire dalla scelta del terreno giusto, ben esposto e ripulito dalle erbe infestanti. La concimazione va effettuata con microelementi e sostanze di origine biologica e non chimica. L’irrigazione va razionata con sistemi a goccia sulle radici delle piante e non, come nel passato, a scorrimento. Finora, studiando e provando, abbiamo trovate le soluzioni. Speriamo di continuare così.